Quando succedono certe cose ti rendi conto di quanto la vita sia stata buona con te.
Ho 4 figli e non avevo mai provato cosa significasse avere un aborto spontaneo.
La fine del 2020 è stata assolutamente imprevedibile per me, prima ancora di avere un giorno di ritardo sapevo già di essere incinta, il mio sintomo classico era lì, quello di andare 1000 volte in bagno per fare pipì, per me era assolutamente inequivocabile.
Positivo!
Ho fatto il test di gravidanza, tipo quelli canadesi che tra l’altro sono estremamente precoci, quella pallida lineetta rosa era lì, la vedevo solo io, ma c’era.
Ero semplicemente sotto shock, una gravidanza alla mia età, quasi 46 anni, assolutamente non cercata, aveva un che di miracoloso.
Io ho pensato a mia suocera, se ne era andata poco più di un mese prima, era talmente attaccata alla vita che in un certo senso aveva fatto sì di ritornare in un qualche modo. Vi sembrerà un pensiero assurdo, me ne rendo conto.
Ho avuto paura, perché sono un’infermiera e sono cosciente dei rischi che ci sono ad avere delle gravidanze over 40.
La percentuale di aborto spontaneo sale ben oltre il 50% dovuto principalmente ai difetti cromosomici dell’embrione, poi ci sono anche problematiche materne dovute all’età non più giovanissima.
Consapevole di tutto questo ho cercato di non farmi troppe illusioni, di restare con i piedi ben piantati in terra fino alla prima ecografia che ho fatto a 8 settimane, il 26 gennaio.
Quel piccolo fagiolino era lì, era uno solo, e il suo cuore batteva!
La ginecologa era già perplessa perché era 5 giorni più piccolo rispetto alla data di amenorrea, ma non era una novità per me, tutti i miei figli erano sempre indietro di circa un settimana.
Dopo quell’ecografia ho iniziato a crederci. In casa era già iniziato il toto nome.
Avevo già prenotato la villocentesi per poter avere la certezza che fosse tutto ok e il 12 febbraio avrei avuto l’occasione di rivederlo perché mi avevano richiesto un’eco molto recente che avrei dovuto portare alla visita con il genetista il 16 febbraio.
L’inizio della fine
Tutto è iniziato l’11 febbraio, il giorno del mio quarantaseiesimo compleanno. La mattina mi alzo con perdite di sangue rosse vivo, non abbondanti, ma sempre presenti ogni volta che andavo in bagno e dolori mestruali, che non provavo più da almeno 18 anni dopo aver partorito per la prima volta.
Già lì l’ottimismo aveva raggiunto il minimo storico, speravo in un semplice distacco di placenta, mi era già successo con Chiara, però non ero tranquilla, quella volta non avevo avuto nessun tipo di dolore.
Ho scelto di non andare in PS, l’idea di passare il mio compleanno in ospedale non mi sfiorava minimamente, i miei figli aspettavano il mio compleanno da giorni.
Ho preso del Buscopan e del magnesio e ho cercato di stare a letto il più possibile, tanto il giorno dopo avrei comunque fatto l’ecografia.
Il mio primo compleanno vissuto con una tristezza dentro che non vi so spiegare, in fondo già sapevo che sarebbe finita male.
La sentenza
Il 12 febbraio alle 12.30 avevo l’appuntamento, alle 12 ero già lì, mi fanno entrare quasi subito, non c’era nessuno, dico già alla dottoressa della ASL che non sono ottimista, lei cerca di rassicurarmi, poi mi fa l’eco e mi dice quelle parole che non dimenticherò mai “Mi dispiace, non c’è più battito”.
Prende le misure dell’embrione e mi dice che in pratica si era già fermato 12 giorni prima, in pratica dopo 5 giorni che avevo fatto la prima ecografia.
Questa cosa mi ha scioccato ancora di più.
Perché non mi ero accorta di nulla? Come ho potuto essere così stupida? Col senno di poi ho capito il perché la nausea non fosse più presente, io pensavo che il momento peggiore fosse passato, anche le mie continue visite al bagno di notte erano già un ricordo, eccone spiegato il motivo.
La mia pancia non cresceva, dovevo capirlo che qualcosa non andava e invece ero convinta che fossi semplicemente brava.
La natura ha fatto il suo corso e il 13 mattina verso l’ora di pranzo l’ho anche visto, quel minuscolo embrione di 1,4 cm, l’ho accarezzato e l’ho salutato. È stato molto triste.
Non ho potuto piangerlo come avrei voluto, perché ho una famiglia che si aspetta che io sia sempre forte, ho aspettato lunedì che non ci fosse nessuno in casa per piangere tutte le lacrime che avevo cercato in ogni modo di tenere a bada nei giorni precedenti.
Martedì ho avuto il controllo, ero in ansia perché avrei preferito evitare il raschiamento e per fortuna così è stato, era tutto a posto, la natura aveva fatto il suo corso.
Le parole hanno un peso
Ma la cosa più triste di tutta questa vicenda è aver capito che io un altro figlio lo avrei voluto anche prima, ma ho sempre avuto paura, paura di venir giudicata: le famiglie numerose sono qualcosa di cui si ride spesso, le battutine sarcastiche si sprecano, come se fare figli fosse qualcosa di cui vergognarsi.
Questo avevo dentro da 10 anni e non me ne ero resa conto. La prima che mi aveva giudicato 10 anni fa fu proprio la mia ginecologa, per lei avere due figli era già troppo, perché solo se hai un solo figlio gli puoi dare tutto, col senno di poi capisco solo ora che pensiero malato fosse.
Anche in ospedale subito dopo aver partorito, l’infermiera del nido mi disse “Signora mi raccomando adesso basta!”.
Potete immaginare quando dopo 18 mesi rimasi incinta di Sofia come vissi quella gravidanza. Non chiusi occhio per 9 mesi, perché avevo fatto qualcosa di “sbagliato” agli occhi dei più.
Non posso nemmeno immaginare la nostra vita senza Sofia, così gioiosa, la cercano tutti, tutti le vogliono bene.
Questo aborto mi ha fatto capire quanto le parole degli altri abbiano condizionato la mia vita e i miei sentimenti, chissà magari adesso avrei avuto altri figli, chi può dirlo?
Le parole hanno un peso, sedimentano negli anni e pesano come macigni, ricordatevelo quando vedete o sentite storie diverse dalla vostra, nessuno dovrebbe giudicare se una donna voglia avere figli o meno, nessuno dovrebbe pensare che sia divertente fare quella battuta del tipo “Non avete la televisione?”, oppure “Hai fatto 4 figli perché cercavi il maschio?”, “Quando fai il quinto?” detto naturalmente ridendo.
Mi hanno detto di “lasciarmi alle spalle” questa brutta storia, ma io non voglio dimenticare, farà sempre parte di questa famiglia anche se è stato con noi solo per 10 settimane.
Ve ne parlerò anche su YouTube, se vi va di ascoltare le mie parole, vi aspetterò anche lì, sarà online questa sera alle 21.
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